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All’inizio si vedono solo le scarpette rosse. Le punte. Di un rosso Ferrari. Sportive ma aristocratiche. E poi la telecamera si concentra sui sampietrini. Tanti. Miserabilmente sconnessi. E le buche come piccoli crateri e i tombini quasi staccati dal manto stradale. Un uomo siede sulla carrozzina da disabile, ma si vedono solo le scarpe rosse. Ci sono le gomme delle ruote che ansimano, soffrono, quasi urlano tra quei selci sconnessi, quelle bottiglie vuote abbandonate. Si avverte lo sforzo del piccolo motore che le spinge quasi senza speranza. Avanti e indietro. Avanti e indietro. Come un leggero grido di dolore, un sussurro di impotenza. Rassegnazione e rabbia. Poi il rumore della carrozzina viene coperto dalla morbida voce di Jaques Trenet: “Je chante, je chante…”, anno 1937.(…) Continua a leggere su www.repubblica.it