(Il manifesto)
Operai. Uno storico marchio degli arredi ufficio arriva sull’orlo del fallimento. I lavoratori non si arrendono e assistiti da Legacoop rilevano l’impresa. «Amiamo quello che facciamo, e non potevamo disperdere un patrimonio di conoscenze». Da Pomezia alla Russia, fino ai paesi arabi: il business è ripartito
Il momento più difficile, gli operai della Ora Acciaio, l’hanno vissuto lo scorso dicembre: quando sembrava che tutti gli sforzi fatti per rilevare l’impresa per cui avevano lavorato da oltre 20 anni non sarebbero andati a buon fine. Avrebbero dovuto chiudere il loro stabilimento sulla Pontina, mettere in soffitta per sempre il marchio vintage che dal 1960 ha contribuito a fare la fortuna di questa fabbrica di arredi per ufficio. Mai più scrivanie, poltrone, pareti attrezzate da inviare ai businessmen di Mosca, o agli sceicchi dei paesi del Golfo. Le stanze elegantemente ammobiliate della Consob, del Coni, delle Poste, del ministero del Tesoro e degli Interni, soltanto un bel ricordo.
Ma per fortuna è arrivato il workers buyout, un procedimento che permette ai dipendenti di rilevare la propria azienda in crisi, organizzandosi in cooperativa. L’idea, tra l’altro, è venuta agli stessi operai e tecnici di Ora Acciaio: «L’abbiamo fatta nostra anche grazie al sindacato», racconta Marco Casentini, delegato della Fillea Cgil. I lavoratori – che nei momenti d’oro della storia di Ora sono stati anche cento – adesso si sono ridotti a una ventina, ma hanno individuato un nucleo sufficiente di persone che potesse mantenere in vita lo stabilimento, e si sono rivolti alla Legacoop. Continua a leggere